La mia seconda esperienza expat si è appena conclusa e sono tornata a vivere in Italia.
Una notizia che era nell’aria da un po’ di tempo, ma che ha atteso fino a poco prima del rientro per essere confermata. Un trasloco rocambolesco con la società di trasporto contattata solo alcuni giorni prima di partire. Poca voglia ed energia per affrontare tutte le faccende pratiche, ma la necessità di farlo. Un misto di desiderio di rivedere presto tutti gli affetti dopo un anno che non rientravamo e un po’ di paura per il cambiamento che ci aspettava. Tanto timore per il capitolo scuola dei bimbi.
Eh sì, se mi chiedete cosa mi mancherà di più della Thailandia io non potrò che rispondervi che mi mancherà terribilmente la scuola internazionale che hanno frequentato i miei figli. Una scuola che ha aperto la mente a loro e a me come genitore, che mi ha fatto scoprire un nuovo approccio educativo, che mi ha fatto capire che l’apprendimento può passare anche attraverso il divertimento e l’entusiasmo dei bambini. Una scuola dove la distanza insegnanti-alunni è inferiore rispetto al sistema italiano. Dove il maestro non è mai burbero e serio, ma sempre aperto al sorriso. Una scuola dove s’impara davvero quello che è il rispetto delle altre religioni e culture e che tutti siamo uguali indipendentemente dal colore della pelle. Una scuola che è riuscita a tirare fuori il meglio dal mio primogenito che ha di suo un carattere difficile.
Proprio per lui erano le mie preoccupazioni maggiori e invece, dopo quasi due mesi dal nostro rientro, quello che sta vivendo un brutto momento è il piccolo di casa. Lui che è sempre stato un bimbo facile, un viaggiatore instancabile, un entusiasta di tutto, adattabile a quasi ogni situazione, sta vivendo in modo problematico questo grande cambiamento. Dal primo giorno in Italia rifiuta categoricamente di andare in bagno. Proprio lui che aveva deciso da solo di togliere il pannolino e che non era passato nemmeno dal vasino. Lui che non ha mai avuto problemi, né in vacanza né nei precedenti soggiorni italiani. Evidentemente nei suoi quasi 4 anni ha capito che questo è un cambiamento grande senza forse comprenderlo fino in fondo. Lui ha vissuto la maggior parte della sua vita in Thailandia ed ora è in una casa che papà, mamma ed il fratello chiamano casa, ma che per lui non lo è. L’ha riconosciuta solo dopo averla vista, mentre prima non riusciva a focalizzarla fra i suoi ricordi. Quella che per lui era casa, l’ha trovata improvvisamente vuota un giorno tornando da scuola. Ne avevamo parlato prima ma, quando l’ha vista, dal suo sguardo perplesso ho capito che non aveva immaginato fino in fondo.
Lui aveva un migliore amico a scuola e la loro amicizia, a detta della maestra, era davvero speciale. Erano sempre insieme, compagni inseparabili in ogni gioco.
Entrambi tristi se l’altro era assente, sempre nei pensieri l’uno dell’altro nel weekend e nei giorni di vacanza. Ogni foglietto trovato in casa diventava un disegno per Pete, ogni cosa nuova posseduta doveva essere portata a scuola per farla vedere a Pete.
Gli abbiamo spiegato che avrebbe dovuto salutarlo per sempre e lui se lo è abbracciato tante volte negli ultimi giorni, con occhi sempre più tristi.
Nei primi tempi in Italia ha continuato a fargli le abituali finte telefonate raccontandogli a modo suo gli avvenimenti della giornata. Pensavo sarebbe passata con il trascorrere dei giorni ed invece Pete è sempre nei suoi pensieri. Abbiamo cercato di fargli comprendere che non lo rivedrà, ma continua a confondersi. A volte dice che lo troverà nella nuova scuola, poi subito dopo mi guarda con i suoi occhioni scuri ancora più ombrosi dicendomi “No, Pete non c’è più”.
Ora ha iniziato da pochi giorni il nuovo asilo con poche lacrime e tanto coraggio. La maestra mi dice che gioca molto da solo ed è in osservazione. Da quando ha iniziato ad andarci mi chiede spesso dov’è Pete e a volte, quando vede un aereo, dice che è lui che lo sta venendo a trovare.
Questo per il momento è il lato più brutto di questo ritorno in Italia. Insieme c’è la fatica di riprendere in mano una vita interrotta quasi tre anni fa, una casa chiusa con un po’ di acciacchi da curare, le cose accumulate negli anni di vita Thai a cui trovare posto dove posto non ce n’è molto. Ci sono gli armadi dei bimbi fermi a tre anni fa da sistemare. C’è tanto da eliminare, tanto da riorganizzare.
Tanto ho già fatto nelle poche settimane prima e dopo le vacanze al mare e dai nonni.
Tanto dovrò ancora fare, ma piano piano ogni tassello andrà al suo posto. So come fare ormai, sono al mio quinto inizio di una nuova vita. Questa volta poi da un lato è più facile perché ritorno in una casa che amo, vicino alla città dove vive la maggior parte degli amici.
Ciò a cui non ero assolutamente preparata è la tristezza degli occhi del piccolo, i suoi imbarazzi, le sue regressioni, il capire che la sua testolina che dovrebbe essere leggera è invece piena di pensieri.
La verità è che solo quando lui sarà di nuovo il bimbo sereno e felice di prima potrò dire di essere davvero contenta di essere tornata in Italia.
Continuerò ad essere un’amica di fuso, perché i fusi cambiano, ma la nostra amicizia rimane così come resta la nostra rete di conforto dei momenti difficili. Anche in questo momento le mie amiche sono piene di comprensione ed incoraggiamento per me ed io non mi sento mai sola.
Vi parlerò ancora di espatrio e di Oriente perché ho ancora tanto da raccontare, ma scriverò ovviamente anche dell’Italia. Di com’è tornare a vivere ancora una volta qui dopo 6 anni passati fra Cina e Thailandia. Di com’è vivere una vita senza l’adrenalina dell’espatrio, ma guardando ciò che mi è più familiare con lo sguardo ammaliato di chi ne è stato lontano. Sperando che ciò che mi è mancato sia sufficiente a colmare le pecche di questa nostra terra. Bellissima, ma incapace di rinnovarsi.
Mi concedo, per l’ultima volta, la firma con cui mi avete conosciuta.
Federica, Thailandia
Ciao Federica, ho scoperto per caso il tuo blog e letto con piacere il tuo post. Io vivo fuori dall’Italia da diversi anni, una parte di me non vede l’ora di tornare, l’altra ha molta paura del “rimpatrio”.
Ti auguro buona fortuna e spero che il tuo piccolo sia felice presto.
Grazie di cuore Valeria e benvenuta qui!In realtà questo blog non è solo mio, ma siamo un gruppo di amiche sparse su tutti i fusi che si sono conosciute in rete grazie ai propri blog personali.
Credo che siano sentimenti contrastanti presenti in tutte noi che abbiamo vissuto all’estero. Il tempo piano piano aggiusta tutto però nel mentre non si vede l’ora di tornare alla normalità.
Al ritorno dall’america (aveva anche lui 4 anni) mio figlio ha fatto esattamente come il tuo, ricominciando a fare la pipì nel letto (cosa che ha poi nuovamente ricominciato quest’estate per un breve periodo dopo l’addio della nostra ragazza alla pari) e chiedendo costantemente dei suoi amici americani.
Io mi sentivo cattiva e colpevole per averlo portato via, ma dopo poco (noi siamo rientrati una settimana prima dell’inizio) ha trovato un altro nuovo amico in classe e piano piano le cose si sono aggiustate. Grazie anche alla famiglia, che in italia é chiassosa e numerosa.
È vero che può essere faticoso e destabilizzante per loro, ma credo che alla fine tutte queste esperienze/cambiamenti/lo spingerli ad uscire dalla confort zone, li avvantaggeranno nella vita futura.
Detto questo, buon rientro. io ci ho messo un annetto a riadattarmi del tutto… 🙂
Grazie del tuo commento e di avermi raccontato la tua esperienza. Da quello che hai scritto capisco che sai bene di cosa parlo!
Anch’io credo che ci sarà la svolta nel momento in cui lui proverà affetto per un altro bimbo.
Credo anch’io che ci vorrà tempo! Io sono al mio secondo rientro, ma nel primo avevo solo un bimbo di un anno quindi la parte affettiva era stata praticamente inesistente.
A presto!
ma non puoi fare delle videochiamate con Pete o dei messaggi vocali?
Non l’ho ancora fatto perché ho la sensazione che peggiorerebbe le cose. Quando è capitato che sia stato lontano dal papà, a cui è legatissimo, gli faceva male parlargli al telefono, cosa che normalmente ama molto fare, al punto che poi lui stesso si rifiutava. Una volta insistette anche per parlargli via Skype ed appena vide il viso del papà scappo via tutto serio. Da quel giorno non ha più voluto ed io temo che potrebbe essere lo stesso con l’amichetto. Nei prossimi giorni credo proverò intanto con uno scambio di foto via e.mail.
Sei una donna bellissima, fuori e dentro! Ti auguro il meglio per voi e il piccolo che ho sempre adorato da quanto e` bello e coraggioso 🙂
Grazie di cuore! È vero che tu sei sempre stata una sua fan…
Mi spiace per te e il tuo piccolo e capisco bene che non si possa essere sereni e felici se non lo sono i nostri figli.
In parte, il distacco che racconti e’ proprio il motivo per cui credo che l’espatrio, quando non è definitivo, non sia una così bella situazione per i bambini, nonostante quel che se ne dice.
I rapporti sono preziosi e spezzarli non è un incentivo, ma un trauma.
D’altro canto, però, vedendo mio figlio, quattro anni, so per certo, come lo sai tu, che il tuo bimbo si farà tantissimi nuovi amici e di sicuro troverà una persona altrettanto speciale.
E poi non è detto che stando lì avrebbero continuato il percorso scolastico insieme: quante volte ci si perde anche frequentando le scuole di due paesini ad un km di distanza?!?
sarebbe bello proteggerli sempre, ma non si può.
Coraggio, vedrai che passerà presto!!!
Grazie per il tuo commento ed il tuo incoraggiamento.
Condivido in parte quello che dici o, meglio, posso dirti sulla mia pelle, che l’espatrio anche per i bambini come avviene in tante esperienze di vita, porta in sé sia risvolti molto positivi che molto negativi. Tutto sta nel riuscire sempre a mantenere un giusto equilibrio fra i due estremi bilanciando la negatività con esperienze positive, compito difficilissimo per noi genitori. E’ un argomento di cui parlerò comunque quando avrò una visione più chiara della nostra attuale esperienza in Italia.
Ciao Federica,
capisco molto bene quello per cui stai passando e mi dispiace per il tuo cucciolino e per voi come famiglia, non é mai facile. Anche io sono tornata a dicembre ‘alla base’, e io ero all’estero con i due ‘grandi’ e il terzo in pancia, e siamo tornati dal papà per il parto. Il mio ‘grande’ aveva 4 anni quando siamo partiti e, anche se l’atterraggio é stato un po’ meno brutale perché era felice di ritrovare il papà e di ‘cominciare la scuola in spagnolo’ (a Baku era al liceo francese), per mesi ci ha detto che voleva tornare a casa sua, a Baku….voglio farti coraggio e rassicurarti che il tempo passerà e il tuo piccolino ritroverà i suoi punti di riferimento un po’ alla volta…un abbraccio
Grazie di cuore per questo commento!
A distanza di quasi un mese da quando avevo scritto questo post purtroppo le cose sono rimaste invariate… So che passerà ma è difficile lo stesso vedere i suoi occhi spesso velati di tristezza ed i suoi risvolti problematici nelle funzioni fisiologiche.
Prendo con gioia il tuo incoraggiamento!
[…] tanto. Ti è rimasta la tua famiglia, ma hai perso la tua casa, la tua scuola, la tua maestra ed il tuo migliore amico Pete. Hai deciso che non vuoi lasciare andare […]
[…] Continua a leggere […]
[…] che mi appresto a scriverne, trovo difficoltà perché purtroppo, da quando scrissi questo post in cui vi parlavo dei problemi che stavo attraversando con il mio bimbo in conseguenza del rientro, […]
Accidenti Federica, come è straziante questo racconto! 🙁 mi verrebbe voglia di prendere un po’ in braccio il tuo piccolo e fargli le coccole, dirgli che andrà tutto bene, cosa che sicuramente farai tu in continuazione. Ho tre figli, e puoi ovviamente capire come anche io sappia quanto è devastante vederli soffrire…. Tuo figlio è sicuramente un bimbo estremamente sensibile, questo attaccamento al suo piccolo amico non è un capriccio, o una regressione, è un sentimento puro, sincero…. mi viene da dire che diventerà un uomo meraviglioso, che farà felici le persone intorno a lui. Solo che le persone sensibili soffrono di più, soffrono tanto. Non so come potreste alleviargli questo peso… Forse, se posso permettermi…. nel tuo racconto hai sottolineato più volte che “Pete non c’è più, Pete non tornerà”, tanto che, nello smarrimento generale, anche tuo figlio sembra essersene reso conto. Ma rendersene conto ed accettare sono due cose diverse, passi non necessariamente consecutivi. Ecco, forse, come dicevo, se mi posso permettere, potreste provare a non sottolineare “continuamente” che questa separazione è definitiva. Il che non significa raccontare a lui delle balle o promettergli cose che non sono realizzabili, ma…. glissare, semplicemente, dire qualche “vedremo, chissà” in più, dargli un fondo di speranza che potrebbe diventare la sua base per ricostruirsi e fortificarsi. Poi probabilmente è un po’ vero che, da spugna quale sicuramente sarà come sono tutti i bimbi, assorbe un po’ da te il tuo smarrimento, malcontento, fatica a riadattarsi…., ma vedi, tu non ti devi sentire ferita da questo! E non ti devi colpevolizzare! Ogni cambiamento comporta sforzi e,olivi fortissimi, non siamo tutti uguali…. Io faccio fatica scegliere se mangiare spaghetti o maccheroni, figuriamoci, immagina per scelte ben più serie. E forse è anche per questo che mi sono cacciata in un angolo da sola, è pur volendo con tutte le forze espatriare invece non ci riesco, anche perché non dipende solo da me! Che tu sia scontenta del ritorno, e faccia fatica per me è chiarissimo e comprensibilissimo…. io voglio andarmene per he qui ormai è più o meno un inferno, figuriamoci se dovessi ritornare. Ma quindi forse potresti farti aiutare da tuo figlio, aprirti con lui, è vero che non gli devi scaricare addosso responsabilità o pensieri troppo grandi, ma ho capito per esperienza che i figli sono anche una risorsa immensa, ci danno, a volte, molto più di quello che che noi riusciamo a dare a loro. E allora abbraccia il tuo bambino, digli che andrà tutto bene, e fagli capire che anche tu hai un po’ paura, che la mamma ha bisogno di lui, e se lui ti aiuta, come tu aiuti lui, insieme ce la farete.
Ti do un grande abbraccio.